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10 CANZONI DA RICORDARE di Francesco Panzieri

#1 Fabrizio De André – La canzone dell’amore perduto

Marzo 1966. Il giovane Fabrizio De André, figlio geniale e degenere di una delle famiglie della Genova bene, si è già fatto una posizione ed una famiglia. Ha sposato Puny Rignon, da cui ha avuto il piccolo Cristiano, ed ha ottenuto un lavoro fisso, come direttore di una scuola aperta dal padre. Senza troppa fretta, sta cercando di laurearsi in Giurisprudenza. Ma le sue abitudini non sono esattamente quelle del padre e marito modello. Sogna il successo con la grande passione della sua vita: la musica. Poi ama vivere la sua città di notte, con un gruppo eterogeneo di amici tra cui spicca Paolo Villaggio, andando di casa in casa, di bettola in lupanare, spesso rimanendo in strada fino alle ore piccole anche soltanto ad organizzare scherzi tremendi. Sono sei anni che pubblica singoli per la piccola etichetta Karim, e si è già messo in luce per l’anticonformismo, l’antimilitarismo, la voce profonda, la rotonda dizione, l’abilità di paroliere, l’amore per gli chansonnier francesi più iconoclasti. Il matrimonio con Puny sta attraversando una prima crisi, Fabrizio non sta rispettando le promesse, e se ne rende conto. Scrive quindi una canzone che esprime le sue sensazioni senza nascondersi dietro ad un dito: “La canzone dell’amore perduto“. L’amore, ci dice De André nel 1966, nel fiorire delle scioglievolezze sanremesi ed in un paese ancora profondamente bigotto, è relativo. Forse non è altro che un mezzo per difenderci dalla società, di certo tutt’altro che un dogma immutabile. Il narratore, nella canzone, è la donna (Puny), che dice: “Ricordi sbocciavan le viole/ con le nostre parole /Non ci lasceremo mai, mai e poi mai, /vorrei dirti ora le stesse cose /ma come fan presto, amore, ad appassire le rose /così per noi /l’amore che strappa i capelli è perduto ormai, /non resta che qualche svogliata carezza /e un po’ di tenerezza.” E poi: “E quando ti troverai in mano /quei fiori appassiti al sole /di un aprile ormai lontano, /li rimpiangerai /ma sarà la prima che incontri per strada /che tu coprirai d’oro per un bacio mai dato, /per un amore nuovo.” Il tutto accompagnato dalla struggente melodia dell’adagio del “Concerto in Re Maggiore per tromba, archi e continuo” di Georg Philip Telemann (contemporaneo di Bach e di Händel), suonata alla tromba ed al pianoforte. In musica, Fabrizio, riesce ad aprirsi, non sa mentire. Con Puny rimangono insieme, nonostante l’amore sia finito e nonostante le avventure di Fabrizio, fino al 1974. La canzone diverrà famosa solo negli anni successivi, quando De André riceverà finalmente il riconoscimento che gli spetta, diventando un simbolo come cantautore e come intellettuale. Sarà inserita in alcuni LP (“Tutto Fabrizio De André”, Karim 1966, “La Canzone di Marinella”, RRC 1968) e riarrangiata da Gianfranco Reverberi per l’album “Canzoni”, del 1974, guarda caso l’anno del divorzio da Puny e dell’ingresso di Dori Ghezzi nella vita di Fabrizio. Un album bellissimo, con traduzioni di Bob Dylan, Georges Brassens e Leonard Cohen ed alcuni suoi vecchi successi che un De André in crisi, ferito dalle critiche ricevute per “Storia di un impiegato” liquidò così con la sua schiva autoironia: “Sai cosa fa un autore quando non sa cosa dire? Qualche riciclaggio e qualche traduzione. Bisogna pur sopravvivere…” “La canzone dell’amore perduto” è stata votata dai fan del cantautore come la sua canzone più amata e l’hanno voluta cantare, anche se solo dopo la morte di “Faber”, Franco Battiato, Claudio Baglioni, Mango, Andrea Bocelli, Antonella Ruggiero, Cristiano De André con Laura Chiatti. Enrica “Puny” Rignon ebbe a dire, anni fa: “Molte delle canzoni che ha scritto sono reazioni a momenti particolari vissuti in famiglia o fuori. Amori andati a male, amori finiti. Uno qualunque certe cose se le trascina dentro, lui ha questa genialità di riportarle nei suoi pezzi. “La canzone dell’amore perduto” l’ha scritta quando i giochi tra noi erano ormai fatti.” Non sarà stata tra le pagine più impegnate scritte dal cantautore genovese, ma di certo è tra quelle che il pubblico ha fatto subito proprie e che ha amato di più.