Rottamatori e rottamati, gioventù al potere, ricambio generazionale e “dobbiamo aver fiducia nei giovani!”… Ma chi sono questi giovani? Ve lo spieghiamo noi con la nuova rubrica SARANNO FAMOSI
CARTA DI IDENTITA’
– Nome e Cognome: Giulia Roscia
– Data e Luogo di Nascita: 22/08/1989, Siena
– Occupazione: PhD student (dottoranda) in biochimica e biologia molecolare
– Cittá/Paese di residenza (oggi): Siena
– Lingue Parlate: Italiano (direi benone), Inglese
– Contrada: Torre
– Motto, frase preferita: Eh? Su questa “passo”
PERCORSO DI STUDIO E DI VITA
Il mio percorso di studio inizia al Liceo Scientifico “Galileo Galilei”, nel quale, pontendo, tornerei anche pagando. Dopo il diploma decido di continuare la mia formazione nel ramo del biotech: conseguo infatti la Laurea Triennale in Biotecnologie e poi mi specializzo in Medical Biotechnologies. La scelta di questo ramo delle scienze é sicuramente dovuta alla mia passione per R.I.S. (Reparto Investigazioni Scientifiche – ndr), strada che peró non ho voluto proseguire perché nel corso degli anni mi sono appassionata sempre di più all’ambito accademico.
Come al solito la mia lontananza dalla terra natale mi impone di effettuare questa intervista tramite i potenti, ma impersonali, mezzi informatici. Giulia Roscia, donna dai mille mila soprannomi (da quello più carino a quello più “puzzolente”), si presta volentieri a queste domande e ci offre le sue risposte sincere, come del resto é lei. A Giulia mi lega, oltre che la conoscenza, un periodo di abitazione in Svizzera, io a Lugano lei a Zurigo. Esperienza che le vado subito a chiedere di raccontarci.
Durante la mia laurea specialistica ho passato circa sei mesi in Svizzera, nell’azienda farmaceutica italo-svizzera Philochem. Dal punto di vista lavorativo è stato un periodo veramente bello e coinvolgente, anche perché in azienda ho avuto a che fare con un mondo che per me era completamente nuovo. È stata veramente un’esperienza altamente formativa…e poi ho capito che quando si parla del rigore svizzero non si scherza! Ovviamente ci sono stati anche alcuni aspetti negativi: il grigiore svizzero per fare un esempio, ma anche convivere con il suddetto rigore non é stata una passeggiata. Doversi districare tra tutte quelle regole e regolamenti che fanno parte del DNA svizzero, non é stato infatti per niente facile. Magari pero’ alcuni aspetti svizzeri li porterei volentieri in Italia, dove basterebbe veramente poco per esser più efficienti e meno caotici.
Cosa ti piace di più della tua situazione lavorativa attuale e cosa invece cambieresti?
Sicuramente mi piace insegnare e poter avere a che fare con gli studenti. Altra cosa che mi fa sentire realizzata nel mio lavoro é veder riuscito un esperimento che ho personalmente pianificato dall’inizio alla fine. Ovviamente se ciò invece non succede, il dover ripartire da capo non é proprio una sensazione entusiasmante. Quello che mi piacerebbe cambiare é invece lo stipendio e la tipologia del contratto! Lo stipendio me lo ritoccherei, ma solo un pochino. Ho una borsa ministeriale e diciamo che se non vivessi con i miei non so se riuscirei a mantenermi. La durata del PhD (3 anni) credo invece, che sia giusta ma probabilmente quello che manca è qualcuno che ti aiuti nel “dopo”. Finito un dottorato di ricerca, se hai fatto tutte le cose precise e in tempo, hai minimo 27 anni e devi ancora trovare il tuo primo lavoro. Quello che mi auspico é che in un futuro ci siano più punti di contatto tra il mondo pubblico e quello privato.
Visto che il tuo é un lavoro di ricerca nel campo delle biotecnologie, ho una domanda obbligatoria da farti alla quale tengo molto anche io: cosa ne pensi di questa ondata di scetticismo nei confronti della comunità scientifica, come nel caso delle sempre più vibranti proteste contro la vivisezione?
Penso che sia una cosa che al momento va di moda, anche perché penso che nessuna persona sana di mente sarebbe pronta ad assumere un farmaco ancora da testare..o poi se poi ci sono dei volontari che si facciano pure avanti, gli animali da laboratorio ringrazierebbero! Battute a parte, ognuno è libero di scegliere e di pensare ciò che vuole ma quello che mi disturba è l’incoerenza: se sei contro la sperimentazione animale, il mal di testa tienitelo o se quella bella borsa o quella cintura che ti piace tanto è di pelle, non comprarla. La cosa che mi dispiace di più é che ormai si ha l’immagine che un ricercatore che fa ricerca utilizzando gli animali sia un sadico. Posso tranquillamente affermare per esperienza personale che non è così. Non é assolutamente divertente per chi lo fa tutti i giorni di lavoro, ma va fatto tenendo sempre a mente lo scopo per cui servono questi test, cioè la possibile messa in commercio di un farmaco che potrà rilevarsi utile per molte persone.
Dove vedi il tuo futuro?
Sicuramente mi piace viaggiare, ma l’idea che dopo 20 anni di studi non ci sia altra scelta che dover andare via dall’Italia per poter lavorare mi intristisce. Se devo essere onesta io a Siena ci sto proprio bene, quindi se potessi resterei a lavorare qui, nel magico mondo delle fiabe.
Cosa manca magari a Siena per continuare a contare nel settore farmaceutico?
Non entro nella politica, ma se ognuno facesse il suo dovere a Siena non mancherebbe niente in nessun fronte. Ci sono delle buone aziende da non sottovalutare anche tra le “piccole”.
Ultime due domande, come ti trovi a lavorare in un ambiente multiculturale e se consiglieresti il PhD ad altri ragazzi come te.
Non ho mai avuto problemi a relazionarmi con le persone, sin dall’asilo e per quanto riguarda il consiglio del dottorato…decisamente si!