di Fausto Jannaccone
Ore 12.00 in punto mi presento alla galleria di Francesca Sani, in mano due birre -le piace molto la birra e questa di lei è una delle poche cose che conosco da poter mettere la mano sul fuoco-, sperando così di metterla a proprio agio nell’aprirmisi, dato che mi aveva confessato una scarsa attitudine a riguardo.
Il fondo dove qualche mese fa ha aperto la sua galleria di Fotografia d’Arte è un fondo fortunato, magico, precedentemente vi si trovava una libreria di libri usati: ogni libreria, quale più quale meno, è pur sempre un luogo magico, al di là degli stereotipi. Io la vedo come un porto, un enorme porto dove scendendo lungo un’interminabile banchina scorriamo le navi, fin quando non ci lasciamo convincere da una di esse ad imbarcarci per il prossimo viaggio verso orizzonti sconosciuti; credo in effetti che la mia visione sia condizionata da Moby Dick, per l’appunto.
Quindi se una libreria è magica pensate una libreria di libri usati, ove ogni nave prima di voi ha avuto altri capitani a condurla, con la sua storia ed il suo amore, o odio, o insofferenza, verso lo scafo su cui si trovava, magari maltrattandolo oppure adorandolo; la magia si eleva al quadrato.
Adesso l’incombenza magica tocca a Francesca, e dopo la letteratura credo l’altro grande mezzo per un viaggio (mentale – ma se possibile ancor più libero) sia la fotografia: ogni scatto stampato può esser di volta in volta una macchina del tempo o un teletrasporto per paesaggi lontani; può raccontarci storie di persone lontane e diverse da noi, cui ci approcciamo basandoci sul visibile, facendo poi appello alla nostra capacità immaginativa per supporre cosa succeda dopo, intorno e dietro quella persona.
La Foto d’Artista assume poi un’ulteriore capacità narrativa, contendo in sé oltre l’oggetto fotografato anche il linguaggio narrativo dell’artista, il proprio lessico, e quindi le ‘parole’ scelte ogni volta per parlarci.
Francesca, partiamo dalle basi: che cosa vuol dire PHneutro?
Tutto il materiale a contatto con la stampa fotografica deve essere ph neutro, quindi acid free. Anche le nostre mani, che ovviamente hanno un loro ph e non sono quindi neutre, sono dannose per la fotografia. I danni posso non essere immediatamente visibili, ma con il tempo la fotografia si ingiallirà nel punto in cui è entrata in contatto con un materiale non ph neutro.
Da dove nasce la simbiosi tra Francesca Sani e la Fotografia?
Nasce all’università, iscritta a Storia dell’arte, ho seguito un corso sulla storia e tecniche fotografiche. Finita l’università sono andata subito a Milano a lavorare per la prima galleria d’arte italiana che si occupasse solamente di fotografia
Per approdare poi a Pietrasanta, dove prende corpo quello che adesso stai facendo: raccontaci la genesi di questo progetto
Ph Neutro nasce a Verona, per poi aprire una seconda sede a Pietrasanta.
Nel 2016, tornata da un periodo a New York, sono approdata alla sede di Pietrasanta. Conoscevo i proprietari di Ph Neutro da diversi anni e prima di iniziare a collaborare lavorativamente, avevo comprato alcune fotografie da loro. Quindi si sono rivolti a me avendo bisogno di una persona per la sede di Pietrasanta. Così è iniziato il nostro rapporto lavorativo.
A inizio 2017 gli ho proposto di aprire insieme una nuova sede e la scelta è ricaduta su Siena essendo io senese e legata alla mia città. Così è nata PH Neutro Siena.
Torneremo poi anche su Siena, ma prima una piccola parentesi di approfondimento sul tuo settore: in primo luogo ti chiedo quale sia lo stato dell’arte della Fotografia, ovvero percezione, ruolo e mercato della Fotografia d’Arte al giorno d’oggi?
Il mercato e l’interesse sulla fotografia artistica sono in costante crescita, ce lo dimostrano i risultati delle aste, soprattutto quelle mondiali.
L’Italia purtroppo anche in questo campo è un passo indietro rispetto a molti altri paesi, comunque anche qua l’interesse sta crescendo. Basta guardare quante mostre di fotografia vengono organizzate da Nord a Sud in musei e fondazioni italiane.
Per citare alcune delle mostre che negli ultimi anni hanno fatto parlare di sè ti trovi più affine ad una tipologia di mostra macro-evento come quella su McCurry, passata anche da Siena e capace di influenzare il gusto degli appassionati di fotografia, o invece sei più incline ad apprezzare esposizioni come ad esempio Cartier-Bresson all’Ara Pacis nel 2015?
Non mi piace puntare il dito su nessun tipo di mostra. Eventi come quello di McCurry creano grandi numeri e fanno parlare. Quindi vanno bene per lo scopo che vogliono raggiungere. Ci sono mostre che magari fanno parlare di meno ma che hanno alle spalle progetti accurati e molto interessanti. Per quanto riguarda il mondo della fotografia non ci dimentichiamo poi che in Italia abbiamo festival molto importanti che stanno crescendo ogni anno di più, come quello di Reggio Emilia e il Photolux a Lucca
E riguardo a ‘La Vertigine del Volto’, invece, cosa ci puoi dire?
La mostra la Vertigine del Volto (di Carlotta Bertelli e Gianluca Guaitoli, fino al 7 gennaio 2018) nasce dal lavoro di due giovani artisti nei quali credo molto.
Mi sono imbattuta in loro per caso e sono stata travolta dalla bellezza e profondità delle loro opere. Ho quindi deciso di iniziare una collaborazione e così è nata l’idea della mostra e la possibilità di farsi realizzare dei ritratti in galleria
Qual’e il lavoro che caratterizza la loro produzione ?
Carlotta e Gianluca vengono da due percorsi differenti. Lei è fotografa di moda e lightpainter, lui parrucchiere per fotografie di moda. Dopo essersi incontrati e innamorati dal 2015 hanno deciso di iniziare a lavorare insieme a un progetto comune che unisse le loro due personalità artistiche. Nasce così la loro serie di ritratti realizzati con la tecnica del light painting e stampati su carta di gelso giapponese.
Lavorando esclusivamente sul ritratto, frontale, quasi sempre limitato al volto, finiamo per esser preda dello sguardo: si sovrappone così al nostro approcciarsi all’opera da un piano meramente estetico una possibilità di indagine psicologica. Mi sembra diventare quindi questa mostra anche un ‘catalogo di anime’, impressione favorita anche dalla tecnica di stampa, che perdendo in definizione offre una maggiore possibilità di immaginazione e di vitalità. È corretta questa mia sensazione?
Assolutamente corretta. Questi ritratti vengono realizzati al buio, nel totale silenzio. È in questa situazione che Carlotta muove le sue torce, quindi la persona ritratta si trova in una situazione insolita, nel non sapere da dove e come arriverà la luce. Ciò tira fuori nelle persone reazioni e aspetti dell’anima sconosciuti.
Torniamo adesso come promesso a Siena. La tua storia familiare, percorso d’istruzione e contesto di provenienza ti offrono ‘di dafault’ una capacità diagnostica delle condizioni della città in cui vivi e lavori, da un punto di vista artistico e culturale: qual’è secondo te lo stato di salute di Siena sotto questo aspetto?
Diciamo che si potrebbe fare molto di più. Come ci dicevano i professori quando eravamo a scuola? Il ragazzo ha le potenzialità ma non si impegna. Ecco mettiamola così, Siena si potrebbe impegnare un po’ di più.
Visto che siamo a Natale, oltre che in prossimità di un ricambio amministrativo, cosa auguri, chiedi, o meglio cosa auspichi possa portare il futuro prossimo a questo angolino di mondo? Ovviamente non mi aspetto come risposta “la pace nel mondo”, ma chiedo quale possa essere la tua ricetta, la strada secondo te da seguire per “impegnarsi un po di più”?
Se intendi l’angolino di mondo che è Siena mi auspico che le prossime elezioni ci portino una giunta comunale e soprattutto un’assessore alla cultura con il peso specifico che si merita la nostra città. Un’amministrazione coraggiosa e “illuminata”, che sappia mettere da parte la Zumba e guardare alle cose che veramente farebbero bene alla città. Quanto tempo è che non entri al Museo Civico? Io era molto tempo. Un po’ di mesi fa sono andata, la situazione era quella di opere esposte con una pessima luce, la polvere era alta e i cartellini che indicavano le opere erano o mancanti o storti… questo è il biglietto da visita che dà Siena. Facciamo la ‘smart city’ ma poi in uno dei principali musei della città, all’interno del Palazzo Pubblico, non ci curiamo neanche di rimettere i cartellini mancanti.
Per chiudere ti propongo un mio pensiero: nel giorno dell’inaugurazione de “La Vertigine del Volto”, venuto via dalla tua galleria, sono passato davanti ad un altro spazio espositivo nelle vicinanze, dove aveva avuto luogo un’inaugurazione il giorno precedente, per poi recarmi a visitarne un secondo, dove, per quanto non mi sia trattenuto, oltre alle opere di altre contemporanea esposte, durante la serata avrebbero tenuto la presentazione un libro. Un inaspettato fermento per una città di solito culturalmente pigra, se non statica.
Quindi dico, per quanto un’amministrazione sia in effetti espressione di una società, non possiamo noi, intesi come addetti, appassionati, cittadini in generale, esser il motore di un cambiamento: provare a sopperire almeno in parte, per quanto possibile, alle mancanze ed inadempienze delle gestioni inadeguate, cui siamo ormai ahinoi costretti ad assistere quotidianamente?
Siamo assolutamente noi il motore. Io ho deciso di tornare a Siena dopo anni che non ci vivevo più. L’ho fatto perché sono profondamente legata alla mia città, potevo restare fuori, ma credo che la potenzialità che ha la nostra città non abbia pari in Italia e non voglio credere a tutti quelli che mi hanno detto che era una follia aprire una galleria d’arte qua. Le città non le fanno solo le amministrazioni, ma soprattutto i cittadini.
Certo le amministrazioni devono essere capaci a sostenere e aiutare i cittadini volenterosi che si mettono in gioco cercando di fare qualcosa di livello per tutta la città