La recensione di oggi: EDUCAZIONE SIBERIANA di Gabriele Salvatores – di Michele Iovine

educazione-siberiana-film-2095_0x410

Quella siberiana è un’educazione speculare al clima in cui vivono i suoi abitanti. Rigida. Esiste al di la del fiume Nistro una comunità di persone che è cresciuta secondo una religione della violenza, non fine a se stessa, si definiscono infatti dei ‘criminali onesti’ che rispettano i più deboli, ma funzionale a un precetto di autodifesa, quale condizione imprescindibile per sopravvivere in un territorio ostile non solo dal punto di vista climatico, ma anche e soprattutto da quello sociale.
E’ la storia di quattro amici, delle loro avventure e della loro progressiva crescita in questo ambiente multietnico, crudo e tetro in cui per andare avanti è necessario rispondere alla violenza con la violenza. Fin da subito si mettono in evidenza i tratti basilari dei caratteri dei due protagonisti principali Kolima e Gagarin, più pacato e controllato il primo, estremamente irruento e istintivo il secondo e sarà proprio Gagarin a pagare con la galera per aver accoltellato un militante dell’esercito nel tentativo di salvare i suoi amici durante una rapina. Quando Gagarin finirà di scontare la pena si ritroveranno tutti e quattro. Sono ormai dei giovani uomini adesso, ma riprendere a vivere insieme in una Russia diversa, quella del dopo muro di Berlino, in cui l’ambiente sociale nel quale sono cresciuti è cambiato molto, ma in peggio e dove quindi è ancor più necessario contare sempre e solo sulle proprie forze, non è facile. Si separeranno di nuovo, ma questa volta prenderanno due strade diverse, ostinate e contrarie.
Un po’ Mystic River, ma soprattutto molto, molto C’era una volta in America. E’ inevitabile non menzionare quest’ultimo film in particolare dal momento che, l’omonima storia dello scrittore russo Nicolai Lilin, da cui è stata tratta la pellicola, ne ricalca e ne rilegge in maniera originale alcune dinamiche e strutture narrative vedi la scansione temporale attraverso il quale ci vengono mostrati i protagonisti, da bambini a giovani adulti e anche per quanto riguarda alcuni episodi che li vedono protagonisti. Una prima parte bellissima, molto spettacolare, dinamica, con un ritmo fortemente serrato che tiene sempre desta l’attenzione. Un John Malkovich statuario che nella parte di un nonno capostipite di una generazione, ci guida all’interno di questa sub cultura attraverso i suoi insegnamenti alle giovani generazioni e che ne incarna sulla pelle, marchiata dai molti tatuaggi, l’essenza più profonda e i valori principali. Il film cambia passo nella parte centrale in cui ci viene mostrata la ‘maturità’ dei ragazzi che si avviano verso una non facile età adulta in cui il cambiamento dei tempi porta a mettere in discussione alcuni dei principi attraverso i quali sono cresciuti e Gagarin, il più spavaldo e arrogante, ma alla fine anche il più debole, sarà vittima di quei vizi ‘occidentali’ così osteggiati ed accuratamente evitati fino ad allora e lo scontro con Kolima che ha differenza dell’amico d’infanzia ha saputo gestire il cambiamento e non subirlo, rimanendo fedele agli insegnamenti impartiti dal nonno, sarà inevitabile. Questa è una storia d’amicizia e di fratellanza che funziona solo fino ad un certo punto. Là dove, dovrebbe essere capace di emozionare e farci calare in un ambiente più prettamente intimistico, come nella raffigurazione del rapporto adulto tra Kolima e Gagarin, il film si perde in un racconto eccessivamente frammentato e incapace di farci entrare nell’anima dei protagonisti cosicché non ci si immedesima mai del tutto in questa relazione ed in particolar modo l’epilogo finale è privo di quel pathos emotivo e di quella retorica che seppur pericolosa, se ben utilizzata è capace di farci commuovere. Si resta freddi e abbastanza impassibili come i panorami della Siberia.